Cool Grid
Dic. 2025 – Mar. 2026
Alighiero Boetti, Enrico Castellani, Bernard Frize, Sergio Lombardo, Allan McCollum, Sean Shanahan, Jonathan VanDyke, Victor Vasarely, Stanley Whitney.
1/9unosunove è lieta di presentare Cool Grid, una mostra collettiva che approfondisce il tema del minimalismo compositivo e dell’astrazione contemporanea attraverso le opere di nove artisti di fama internazionale appartenenti a generazioni diverse: Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994), Enrico Castellani (Castelmassa, 1930 – Celleno, 2017), Bernard Frize (Saint-Mandé, FR, 1954), Sergio Lombardo (Roma, 1939), Allan McCollum (Los Angeles, US, 1944), Sean Shanahan (Dublin, 1960), Jonathan VanDyke (Brooklyn, NY), Victor Vasarely (Pécs, HUN, 1906 – Paris, FR, 1997) e Stanley Whitney (Bryn Mawr, Pennsylvania, US, 1946). La mostra segna i 20 anni di attività della galleria 1/9unosunove.
Tema unificante dell’esposizione è l’abbandono di un astrattismo lirico di ascendenza novecentesca in favore di una pittura che guarda ai principi scientifici, matematici e ottici tipici dei nuovi orientamenti nati già nei decenni Sessanta e Settanta e proseguiti fino a oggi. Alla base di questa nuova “griglia” nella quale viene inserita l’arte, trovano spazio l’analisi e la decostruzione dei principi fondamentali della composizione visiva, la precisione geometrica e l’interazione fra forma e colore come campo d’azione non più solamente sensoriale ma matematico.
Questo nuovo approccio di regole e schemi diventa così una metafora del processo di esplorazione visiva che supera il primo impatto estetico, invitando lo spettatore a non accontentarsi della sola visione per avere, invece, un approccio più dinamico, multisensoriale, interattivo, capace di trovare nei diversi livelli di lettura dell’opera significati inaspettati.
Chiave di lettura del concept espositivo, SAT – Foresta impigliata di Sergio Lombardo prende vita nel 1993 all’interno del ciclo SAT, nell’ambito della Pittura Stocastica codificata dal Maestro romano a partire dal 1980. La grande opera composta di quattro moduli, fissa un importante precedente di metodo sia nella ricerca di Lombardo – che utilizza per la prima volta figure a doppio toroide – sia nella disumanizzazione della tecnica pittorica e compositiva. Questa metodicità e ciclicità di ricerca la ritroviamo nelle due opere di Victor Vasarely, Turkiz (1962) e Tridim – + – (1968-72), chiari esempi del tentativo di scomposizione dell’astrattismo geometrico in direzione di un’arte Optical (Op Art), della quale Vasarely sarà iniziatore e puntuale teorico, come consolidato con la pubblicazione del suo Manifesto Giallo. La “griglia” diventa allora espressione di un’armatura teorica sulla quale costruire la pittura a partire, soprattutto in Lombardo, da un criterio iniziale di randomicità.
Questa stessa apertura a un caos ordinato emerge nel lavoro Stanley Whitney e Bernard Frize; Whitney pur rifuggendo l’idea di schema, vi si ritrova involontariamente coinvolto nella stesura delle dense campiture di Stay Song Series 6 del 2004, che si alternano come in un’improvvisazione jazzistica; mentre Frize sfrutta il potenziale stesso della costrizione attraverso la tecnica dell’”all over” coprendo l’intera superficie della tela, ne risultano dipinti costituiti da forme semi-casuali, che riprendono il concetto di “caso oggettivo” dei surrealisti e di “bricolage” antropologico di Claude Lévi-Strauss.
Il ritmo impresso all’opera torna anche nel ricamo di Alighiero Boetti Perchè la testa è amica del piede ed entrambe di lune e maree, prova della leggerezza poetica capace di distruggere la griglia compositiva. Un ritmo più incalzante distingue invece le opere di Enrico Castellani e Allan McCollum. La Superficie bianca (2007) di Castellani riporta alle ricerche spazialiste del gruppo Azimuth, facendo attraversare allo spettatore il varco aperto da Lucio Fontana e percorso da Agostino Bonalumi, Piero Manzoni e lo stesso Castellani, in direzione di un nuovo modo di concepire la presenza e la vitalità dell’opera. Il flusso indistinto, generato con ordine attraverso le estroflessioni praticate dall’artista veneto, appare allo stesso tempo lieve e deciso nell’affermare la presenza dell’opera nello spazio. All’opposto polo del bianco ottico di Castellani, Allan McCollum inscena la serialità della società contemporanea attraverso il nero denso dei suoi Forty Plaster Surrogates No. 4 (1990). Qui la griglia è sinonimo di standard, di produzione massificata fino all’alienazione, in una soluzione allestitiva che ricalca con forza l’idea di modularità e intercambiabilità delle componenti, tutte diverse e tutte apparentemente identiche.
Attraverso i recenti lavori di Jonathan VanDyke e Sean Shanahan, la mutazione che investe l’idea di “griglia” raggiunge l’attualità in due esiti completamente opposti. Se per Shanahan la modularità delle opere e i loro accostamenti cromatici tono su tono sono un azzeramento narrativo di carattere quasi ascetico, per VanDyke la griglia risulta invece un espediente tecnico e meditativo di narrazione sociale che riflette sul passare del tempo e sulla trasformazione dei materiali attraverso processi lunghi, lenti e silenziosi: ritagli di indumenti indossati da persone a lui vicine vengono cuciti insieme come testimonianza di una frammentazione ricongiunta, di una griglia nuovamente saldata.
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installation views, Ph. Roberto Apa















